PATRIZIO DI NICOLA
Vita digitale
Banda risicata
Banda risicata
di Patrizio Di Nicola 08 marzo 2011 ore 14.28
Gran parata di ministri in tv per presentare le ennesime misure urgenti per il rilancio dell’economia (e anche per distogliere l’attenzione dalle nuove grane giudiziarie del premier)...

Tra le “innovazioni” annoveriamo lo sblocco di un finanziamento, di “ben” 100 milioni di euro, per estendere la larga banda in Italia. Tradotto: possibilità di connettersi per chi abita in zone del paese dove gli internet provider non hanno interesse a investire nella realizzazione di migliori infrastrutture di comunicazione. Potrebbe essere una buona notizia, se non rischiasse di diventare l’ennesima presa in giro del governo verso i cittadini. Vediamo perché. Nel 2009 viene pubblicato su Wikileaks (sì, proprio quello dei rapporti riservati) il cosiddetto “Piano Caio”, uno studio commissionato da Scajola e Romani sul digital divide in Italia.
In quel documento, che il governo probabilmente avrebbe preferito tenere nel cassetto, si stimava necessario, solo per non perdere ulteriori posizioni in Europa, un investimento di 5,4 miliardi di euro in fibra ottica (ma per portare l’Italia alla leadership europea sarebbe servito il doppio). All’epoca erano disponibili, grazie a una legge dell’anno precedente, solo 800 milioni, quindi una cifra nettamente insufficiente. Che però non sono stati neanche spesi: nel novembre 2009 l’esecutivo annunciò che i fondi per la banda larga sarebbero stati congelati, almeno sino alla fine della crisi economica. Quasi che si trattasse di spese voluttuarie: in realtà tutti gli economisti ripetono che un euro speso in banda larga genera un ritorno sul Pil di almeno il 50 per cento superiore.
Lo stesso rapporto Caio affermava che il piano di investimenti proposto poteva dare un forte impulso all’occupazione nel territorio, avrebbe sviluppato in tempi certi un’infrastruttura essenziale per la competitività e perdipiù portava a spendere denaro pubblico con una prospettiva di ritorno e non a fondo perduto, come si fa abitualmente. Ma il nostro governo, immerso in una deriva culturale telecratica, dà l’idea di non vedere di buon occhio l’aumento della connettività a Internet.
Vi è il rischio di informarsi meglio, in autonomia e libertà. Non è un caso che i fondi per il digitale terrestre, che sinceramente non sembra aver portato seri benefici ai cittadini, si siano trovati con una rapidità senza precedenti; e che le uniche volte che si parla di internet nelle stanze del potere è per invocarne un maggior controllo. Non è che anche i 100 milioni promessi – briciole per una nazione nelle ultime posizioni in Europa per l’uso di Internet – serviranno ad altro?
In quel documento, che il governo probabilmente avrebbe preferito tenere nel cassetto, si stimava necessario, solo per non perdere ulteriori posizioni in Europa, un investimento di 5,4 miliardi di euro in fibra ottica (ma per portare l’Italia alla leadership europea sarebbe servito il doppio). All’epoca erano disponibili, grazie a una legge dell’anno precedente, solo 800 milioni, quindi una cifra nettamente insufficiente. Che però non sono stati neanche spesi: nel novembre 2009 l’esecutivo annunciò che i fondi per la banda larga sarebbero stati congelati, almeno sino alla fine della crisi economica. Quasi che si trattasse di spese voluttuarie: in realtà tutti gli economisti ripetono che un euro speso in banda larga genera un ritorno sul Pil di almeno il 50 per cento superiore.
Lo stesso rapporto Caio affermava che il piano di investimenti proposto poteva dare un forte impulso all’occupazione nel territorio, avrebbe sviluppato in tempi certi un’infrastruttura essenziale per la competitività e perdipiù portava a spendere denaro pubblico con una prospettiva di ritorno e non a fondo perduto, come si fa abitualmente. Ma il nostro governo, immerso in una deriva culturale telecratica, dà l’idea di non vedere di buon occhio l’aumento della connettività a Internet.
Vi è il rischio di informarsi meglio, in autonomia e libertà. Non è un caso che i fondi per il digitale terrestre, che sinceramente non sembra aver portato seri benefici ai cittadini, si siano trovati con una rapidità senza precedenti; e che le uniche volte che si parla di internet nelle stanze del potere è per invocarne un maggior controllo. Non è che anche i 100 milioni promessi – briciole per una nazione nelle ultime posizioni in Europa per l’uso di Internet – serviranno ad altro?
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