Intervista
Asinara Revolution, ma solo su internet
di Sara Picardo 20 settembre 2011 ore 15.38
La storia dell'Isola dei cassintegrati, il blog che ha raccontato la lotta degli operai Vinyls, raccontata in un libro. Gli autori: il blog è stato un successo e ha fornito un nuovo strumento, ma la vertenza non è finita bene DI SARA PICARDO

Si chiama Asinara Revolution (Bompiani, euro 17). Sottotitolo: La storia vera degli autori del blog che ha riunito tutte le generazioni di lavoratori. A scriverlo sono stati due giovani sardi emigrati all'estero, Marco Nurra e Michele Azzu, il primo giornalista praticante a El Mundo in Spagna, il secondo musicista a Londra.
Più che un libro, però, si tratta di un racconto corale: quello di un gruppo di coraggiosi operai cassintegrati della Vinyls di Porto Torres - che per oltre un anno si sono autoreclusi sull'isola dell'Asinara per protestare contro la chiusura del petrolchimico dando vita al primo reality “reale” della storia d'Italia - e di due ragazzi “fuggiti” dalla Sardegna in cerca di opportunità che hanno deciso di sostenere questa singolare forma di protesta creando prima un gruppo facebook e dopo un blog www.isoladeicassintegati.com.
Il successo è arrivato subito: migliaia di contatti, prime pagine di giornali e interviste televisive, e un premio degno di rispetto, quello di Google “Eretici digitali 2011” al Festival del giornalismo di Perugia. Abbiamo intervistato i due autori on line, mentre presentavano il loro libro in giro per il mondo.
Cominciamo dalla copertina: Marx bendato. Perché?
L'isola dei cassintegrati ha aperto una nuova fase nella storia della rivendicazione operaia e forse questo Marx, imprigionato e bendato, sta proprio a significare che gli strumenti di lotta sindacale tradizionali non sono più sufficienti a dar voce ai lavoratori. La storia raccontata in Asinara Revolution è rivoluzionaria per tanti motivi: l'uso della Rete, la “mediatizzazione” della protesta, la simbologia dell'isola come paradiso naturale e, soprattutto, l'impostazione narrativa introdotta dal blog che ha permesso di appassionare i sostenitori della lotta.
Per la prima volta in Italia una protesta operaia è stata raccontata in diretta sul web attraverso un blog, questo rappresenta un punto di svolta: gli operai occupando le fabbriche (in questo caso un'isola!) e i loro figli lavorando su Internet come una vera e propria agenzia di comunicazione, per dare voce alla loro protesta sui media nazionali. C'è una frase di Berlinguer, che potete leggere anche sul libro, che riassume la nostra mission: "Se i giovani si organizzano, si impossessano di ogni ramo del sapere e lottano al fianco dei lavoratori e degli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e l'ingiustizia". È quello che cerchiamo di fare.
Come è cominciata la vostra avventura con gli operai Vinyls?
L’isola dei cassintegrati nasce il 25 febbraio 2010, il giorno successivo all’occupazione dell’Asinara da parte dei cassintegrati della Vinyls di Porto Torres. Michele Azzu, figlio di uno dei lavoratori Vinyls decide di usare Facebook per riunire attorno al problema un bacino di persone interessate a ciò che stava accadendo all’industria chimica in Italia. Tieni conto che sono tematiche abbastanza complicate e dinamiche che normalmente vengono spiegate in maniera piuttosto noiosa. La nostra sfida è stata quella di rendere interessante la protesta, di incuriosire i sostenitori inserendo l’elemento narrativo, lavorando sui “personaggi” che occupavano l’isola. Abbiamo cercando insomma di rendere “pop” la crisi dell’industria chimica in Italia.
Quale linguaggio avete utilizzato allora?
Riteniamo che il problema del lavoro riguardi tutti, per quello noi ci rivolgiamo ai nostri lettori con un linguaggio comprensibile e informale, andando dritti al sodo, creando un canale di comunicazione della crisi che prende vita dalla stessa voce dei lavoratori. È questa, forse, la marcia in più che abbiamo rispetto ai media tradizionali: il contatto diretto, i video, i diari, le interviste, il tutto giorno per giorno. Come se fosse un reality, insomma. Il rischio è quello di cadere nel qualunquismo, ma noi stiamo ben attenti e ci teniamo alla larga dai facili entusiasmi e dall’antipolitica.
Curiosità del primo periodo?
Ricordo che quando tutto è iniziato stavamo anche dodici ore al giorno davanti al computer, io da Madrid, Michele da Londra. Collegati in Skype, amministrando il gruppo Facebook, mandando inviti, chiamando le redazioni dei giornali e delle televisioni, rispondendo a TUTTE le email. Mandavamo almeno 30 email al giorno e commentavamo tutti i messaggi che venivano lasciati sulla bacheca del gruppo: stiamo parlando di un gruppo che in un mese arrivò a circa 80.000 iscritti…
Come è andata a finire la protesta?
Nonostante le promesse fatte da destra e da sinistra, nonostante l'impegno del sindacato, nonostante tutti (ma proprio tutti) siano andati a visitare gli operai all'Asinara, purtroppo la Vinyls di Porto Torres va incontro al fallimento. Il libro racconta la scalata mediatica della protesta, ma mette l'accento anche su una riflessione importante: non bisogna confondere il successo mediatico con l'esito di una vertenza sindacale. Questo non vuol dire che gli operai abbiano sbagliato nell'intraprendere questo tipo di lotta, ma è invece la riconferma di come governo, opposizione e sindacato si siano dimostrati incapaci di fronteggiare i piani dell'Eni.
Il futuro della lotta operaia passa per internet?
Siamo convinti che la revolution dell'Asinara si stata proprio quella di aver unito i giovani in Rete ai meno giovani nelle fabbriche occupate. Siamo convinti che si possa fare tanto assieme e forse questo è solo l'inizio. Il 10 settembre scorso abbiamo organizzato un tavolo sul lavoro in Piazza San Giovanni, a cui hanno partecipato operai da tutta Italia. La risposta da parte dei lavoratori è stata impressionante e per la prima volta queste persone, che fino ad ora avevano diviso solo le pagine del nostro blog, si son ritrovate a dividere la piazza per raccontare le proprie lotte e trovare dei punti di incontro. È grazie ad occasioni di confronto di questo tipo che scopriamo che tutte queste vertenze hanno molto in comune. Probabilmente se questo governo fosse stato capace di proteggere le proprie produzioni e i propri lavoratori ora non ci ritroveremmo con questa manovra finanziaria tra i piedi.
Più che un libro, però, si tratta di un racconto corale: quello di un gruppo di coraggiosi operai cassintegrati della Vinyls di Porto Torres - che per oltre un anno si sono autoreclusi sull'isola dell'Asinara per protestare contro la chiusura del petrolchimico dando vita al primo reality “reale” della storia d'Italia - e di due ragazzi “fuggiti” dalla Sardegna in cerca di opportunità che hanno deciso di sostenere questa singolare forma di protesta creando prima un gruppo facebook e dopo un blog www.isoladeicassintegati.com.
Il successo è arrivato subito: migliaia di contatti, prime pagine di giornali e interviste televisive, e un premio degno di rispetto, quello di Google “Eretici digitali 2011” al Festival del giornalismo di Perugia. Abbiamo intervistato i due autori on line, mentre presentavano il loro libro in giro per il mondo.
Cominciamo dalla copertina: Marx bendato. Perché?
L'isola dei cassintegrati ha aperto una nuova fase nella storia della rivendicazione operaia e forse questo Marx, imprigionato e bendato, sta proprio a significare che gli strumenti di lotta sindacale tradizionali non sono più sufficienti a dar voce ai lavoratori. La storia raccontata in Asinara Revolution è rivoluzionaria per tanti motivi: l'uso della Rete, la “mediatizzazione” della protesta, la simbologia dell'isola come paradiso naturale e, soprattutto, l'impostazione narrativa introdotta dal blog che ha permesso di appassionare i sostenitori della lotta.
Per la prima volta in Italia una protesta operaia è stata raccontata in diretta sul web attraverso un blog, questo rappresenta un punto di svolta: gli operai occupando le fabbriche (in questo caso un'isola!) e i loro figli lavorando su Internet come una vera e propria agenzia di comunicazione, per dare voce alla loro protesta sui media nazionali. C'è una frase di Berlinguer, che potete leggere anche sul libro, che riassume la nostra mission: "Se i giovani si organizzano, si impossessano di ogni ramo del sapere e lottano al fianco dei lavoratori e degli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e l'ingiustizia". È quello che cerchiamo di fare.
Come è cominciata la vostra avventura con gli operai Vinyls?
L’isola dei cassintegrati nasce il 25 febbraio 2010, il giorno successivo all’occupazione dell’Asinara da parte dei cassintegrati della Vinyls di Porto Torres. Michele Azzu, figlio di uno dei lavoratori Vinyls decide di usare Facebook per riunire attorno al problema un bacino di persone interessate a ciò che stava accadendo all’industria chimica in Italia. Tieni conto che sono tematiche abbastanza complicate e dinamiche che normalmente vengono spiegate in maniera piuttosto noiosa. La nostra sfida è stata quella di rendere interessante la protesta, di incuriosire i sostenitori inserendo l’elemento narrativo, lavorando sui “personaggi” che occupavano l’isola. Abbiamo cercando insomma di rendere “pop” la crisi dell’industria chimica in Italia.
Quale linguaggio avete utilizzato allora?
Riteniamo che il problema del lavoro riguardi tutti, per quello noi ci rivolgiamo ai nostri lettori con un linguaggio comprensibile e informale, andando dritti al sodo, creando un canale di comunicazione della crisi che prende vita dalla stessa voce dei lavoratori. È questa, forse, la marcia in più che abbiamo rispetto ai media tradizionali: il contatto diretto, i video, i diari, le interviste, il tutto giorno per giorno. Come se fosse un reality, insomma. Il rischio è quello di cadere nel qualunquismo, ma noi stiamo ben attenti e ci teniamo alla larga dai facili entusiasmi e dall’antipolitica.
Curiosità del primo periodo?
Ricordo che quando tutto è iniziato stavamo anche dodici ore al giorno davanti al computer, io da Madrid, Michele da Londra. Collegati in Skype, amministrando il gruppo Facebook, mandando inviti, chiamando le redazioni dei giornali e delle televisioni, rispondendo a TUTTE le email. Mandavamo almeno 30 email al giorno e commentavamo tutti i messaggi che venivano lasciati sulla bacheca del gruppo: stiamo parlando di un gruppo che in un mese arrivò a circa 80.000 iscritti…
Come è andata a finire la protesta?
Nonostante le promesse fatte da destra e da sinistra, nonostante l'impegno del sindacato, nonostante tutti (ma proprio tutti) siano andati a visitare gli operai all'Asinara, purtroppo la Vinyls di Porto Torres va incontro al fallimento. Il libro racconta la scalata mediatica della protesta, ma mette l'accento anche su una riflessione importante: non bisogna confondere il successo mediatico con l'esito di una vertenza sindacale. Questo non vuol dire che gli operai abbiano sbagliato nell'intraprendere questo tipo di lotta, ma è invece la riconferma di come governo, opposizione e sindacato si siano dimostrati incapaci di fronteggiare i piani dell'Eni.
Il futuro della lotta operaia passa per internet?
Siamo convinti che la revolution dell'Asinara si stata proprio quella di aver unito i giovani in Rete ai meno giovani nelle fabbriche occupate. Siamo convinti che si possa fare tanto assieme e forse questo è solo l'inizio. Il 10 settembre scorso abbiamo organizzato un tavolo sul lavoro in Piazza San Giovanni, a cui hanno partecipato operai da tutta Italia. La risposta da parte dei lavoratori è stata impressionante e per la prima volta queste persone, che fino ad ora avevano diviso solo le pagine del nostro blog, si son ritrovate a dividere la piazza per raccontare le proprie lotte e trovare dei punti di incontro. È grazie ad occasioni di confronto di questo tipo che scopriamo che tutte queste vertenze hanno molto in comune. Probabilmente se questo governo fosse stato capace di proteggere le proprie produzioni e i propri lavoratori ora non ci ritroveremmo con questa manovra finanziaria tra i piedi.
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